Sofficità bianca…

Come ho sempre detto, adoro i micro ristoranti, perché spesso presentano piatti eccezionali, che li aiutano a sopravvivere alla concorrenza di locali molte volte più grandi e famosi. Tendo però sempre a dimenticare che la stessa “qualità” che me li rende così cari, è anche quella che li rende estremamente affollati.

Il motivo per cui, all’inizio, avevo scelto questo ristorante era perché nelle vicinanze di dove eravamo era quello con le migliori recensioni (come si può vedere nella foto più sopra presa da 大众点评 – Dàzhòng Diǎnpíng – che letteralmente significherebbe “recensioni popolari/di massa”, preziosissima app che praticamente consulto sempre quando siamo alla ricerca di un ristorante dove andare) e perché si diceva avesse uno dei migliori 杏仁豆腐 – xìngrén dòufu – , letteralmente “tofu di mandorle”, della città, una specialità tradizionale realizzata con 甜杏仁 – tián xìngrén – mandorle dolci. Il “tofu di mandorle” è una specialità cinese, inclusa nel 满汉全席 – Mǎnhàn quánxí – il famoso banchetto Manciù-Hàn, che si riferisce a uno stile di cucina e a un tipo di grande banchetto che combina elementi della 满洲菜 – Mǎnzhōu cài – la cucina mancese e della cucina della 汉族 – Hànzú -, l’etnia (maggioritaria) Hàn, sviluppatosi durante la dinastia mancese 清朝 – Qīng Cháo – dei Qīng (1644-1912). Si ottiene da mandorle dolci macinate, bollite in acqua e poi tagliate a cubetti dopo essere state congelate e fatte rapprendere, il che gli conferisce quella consistenza gelatinosa che gli è valso l’appellativo “tofu” (per  l’abitudine cinese di chiamare tofu, qualunque tipo di pietanza e preparazione la cui consistenza e/o apparenza e/o preparazione richiami alla mente l’originale prodotto ottenuto con la soia). Tuttavia, a seconda della regione in cui viene prodotto, il metodo di preparazione del tofu alle mandorle varia in parte. Come ho appena scritto (e detto anche in altri post), il nome “tofu” in questo caso si riferisce solamente a un “solido simile al tofu”; ovviamente non vengono utilizzati fagioli di soia, che sono l’ingrediente principale dell’originario tofu. Questa convenzione di denominazione è presente anche in altri piatti dell’Asia orientale, come lo yúdòufu cinese (魚豆腐) e il gomadōfu giapponese (胡麻豆腐). Il latte di nocciolo di albicocca è spesso confuso con il latte di mandorla, come lo stesso nocciolo di albicocca è spesso confuso con la mandorla. Nella ricetta tradizionale, l’agente aromatizzante principale è costituito da 杏仁果的核仁 – xìngrénguǒ de hérén – noccioli di albicocca, messi a bagno e macinati con acqua. Il composto viene filtrato, zuccherato e riscaldato con un agente gelificante (di solito agar-agar). Una volta raffreddata, la miscela di latte di noccioli di albicocca si solidifica fino a raggiungere la consistenza di un morbido dolce semi-gelatinoso.

La sorpresa questa volta è stata la 口感 – kǒugǎn – letteralmente, “sensazione della bocca”, la consistenza del dolce, che rendeva molto più evidente (in una maniera piacevole) il fatto che fosse realizzato con una sorta di farina di noccioli di albicocca. Una volta in bocca, la sensazione che ho avuto è che fosse molto meno “liscio” di quelli che avevamo assaggiato fino ad allora, e siamo riusciti perfettamente ad avvertire la componente “farinosa” che, anziché essere spiacevole, era la prova che era stato realizzato in modo classico. La cosa che amo di molti 甜点 – tiándiǎn – dessert cinesi è il fatto che non sono quasi mai troppo dolci, mentre giocano molto di più sull’aromaticità dello zucchero usato (che spesso non è il semplice 白砂糖 – báishātáng – letteralmente “zucchero sabbia bianca”, zucchero granulato che usiamo normalmente, ma 黄糖 – huángtáng – zucchero giallo, 红糖 – hóngtáng – zucchero rosso, 黑糖 – hēitáng – zucchero nero ecc.) che sulla sua quantità e la sua “dolcezza assoluta”.

La maggiore sorpresa che abbiamo trovato in questo ristorante è stata quella illustrata dalla foto sopra: 黑醋杏仁豆腐 – hēicù xìngrén dòufu – letteralmente “tofu di mandorle con aceto nero“, una combinazione che, con il senno del poi non è così incredibile, ma a cui non avevamo sinceramente mai pensato prima. L’aceto nero alla cinese ha molti usi, ma è forse contro intuitivo pensare di aggiungerlo a delle preparazioni dolci. Detto ciò però, va tenuto conto che questo tipo di aceto è estremamente diverso da quelli di vino a cui noi italiani siamo più abituati e avvicinandosi di più, come profilo aromatico, a un buon aceto balsamico, fornisce un contrasto di sapore sapido con una nota di dolcezza propria (che l’aggiunta di fragole e altra frutta all’interno la rafforza). Il glutammato monosodico può essere l’ingrediente di punta per esaltare rapidamente il sapore umami, ma quando si cerca un po’ più di profondità, l’aceto nero è la soluzione giusta. Esso si ottiene normalmente attraverso un processo di fermentazione. Lieviti vengono combinati con dei cereali (solitamente 小麦 – xiǎomài – grano, 大麦 – dàmài – orzo, 高粱 – gàoliang – sorgo o 糙米 – cāomǐ – riso integrale) che pian piano si trasformano in 乙醇 – yǐchún – alcol etilico; da lì, i batteri attivi trasformano l’etanolo in 乙酸 – yǐsuān – acido acetico, ovvero ciò che dà l’acidità che colpisce il nostro palato e la nostra lingua quando assaggiamo un cucchiaino di aceto puro. L’aceto nero viene lasciato invecchiare per almeno sei mesi, ma più a lungo matura, più i suoi sapori diventano profondi e la sua tonalità scura. (Il colore nero deriva dalla reazione di Maillard). Allora perché questo aceto può essere adatto ad accompagnare i dessert? Tradizionalmente, l’aceto nero cinese viene usato per condire carni come 排骨 – páigǔ – le costine o 猪排 – zhūpái – le braciole di maiale o come salsa per intingere 饺子 – jiǎozi – i ravioli. Ma l’aceto cinese è meno aspro dell’aceto di sherry e meno dolce del nostro balsamico, come una salsa di soia più forte, e il suo profilo pungente e aromatico potrebbe essere l’ingrediente segreto per elevare un dessert prevedibile in qualcosa di più grande della somma delle sue parti.

炸茄盒 – zháqiéhé – letteralmente “scatole fritte di melanzane” o anche “cartelle fritte di melanzane”, nome figlio dell’usanza di chiamare 盒 – hé – scatola alcuni piatti (mi viene in mente il 炸藕盒 – zháǒuhé – “scatola/cartella fritta di radici di loto”) in cui 2 fette di una qualche verdura vengono usate per “racchiudere” una sorta di ripieno di carne macinata con altri ingredienti e poi impastellate e/o infarinate e 油炸 – yóuzhá – fritte. Come al solito accompagnate da un piattino di 椒盐 – jiāoyán – misto di pepe macinato e sale in cui intingerle brevemente per insaporirle.

Naturalmente quando vengono servite sono “ustionanti” all’interno, ma già intiepidite all’esterno. La cosa che più ci è piaciuta è il fatto che si tratta di un tipo di frittura noto come 干炸 – gānzhá – fritto asciutto, letteralmente. Questo tipo di “frittura a secco” (parte di tutta una serie di 油炸 — yóuzhá – tipologie di frittura della cucina cinese come la cosiddetta 软炸 – ruǎnzhá – frittura “morbida”, contrapposta a 酥炸 – sūzhá – frittura “croccante”) è un metodo che consiste nell’aggiungere 调味品 – tiáowèipǐn – i condimenti agli ingredienti crudi, farli assorbire bene, immergerli nella panatura o 沾糊 – zhānhū – pastellarli e poi friggerli. Per preparare queste “scatole fritte di melanzane” si tagliano di solito le melanzane a rondelle spesse da uno a due dita e le si apre orizzontalmente al centro, facendo però in modo che la parte superiore e quella inferiore rimangano unite, non completamente separate. Poi si trita della carne di maiale, o del 猪肉馅 – zhūròuxiàn – macinato di maiale, mescolandola con 大葱 – dàcōng – (letteralmente “grande cipolla”) cipollotto e 姜末 – jiāngmò – zenzero tritato, la si insaporisce con sale o glutammato ottenendo un ripieno che viene messo in una quantità adeguata all’interno di quella specie di tortini di melanzane tagliati a metà che erano già state preparate. Successivamente si infarinano leggermente i “tortini”, li si passa nell’uovo sbattuto e li si frigge. Solitamente possono essere consumate direttamente così, una volta dorate, oppure 炖 – dùn – in umido o 蒸 – zhēng – al vapore.

炖筋头巴脑 – dùn jīntóu bānǎo – letteralmente traducibile come qualcosa simile a “testa di tendine e cervello stufati”, questo tipo di piatto, cucinato solitamente a fuoco lento mentre l’odore della carne riempie l’aria circostante, è sorprendentemente piacevole e caldo.

Gli ingredienti principali di questo stufato sono generalmente 鲜牛肉 – xiānniúròu – carne fresca di manzo, 牛肚 – niúdǔ – trippa, 大肠 – dàcháng – intestino crasso, 牛肺 – niúfèi – polmone di manzo, 牛心 – niùxīn – cuore di manzo e 牛百叶 – niúbáiyè – letteralmente “cento foglie” di manzo, il taglio di trippa normalmente chiamata “centopelle” in Italia, 牛筋头 – niújīntóu – tendini di manzo.

Una delle definizioni più utilizzate per descrivere questo piatto è 入口弹牙,也很软糯 – rùkǒu tányá, yě hěn ruǎnnuò – descrivibile in Italiano come “una volta in bocca è morbidissimo ma con buona masticabilità”, ed è proprio come risulta questo piatto quando lo si consuma. È 入味 – rùwèi – saporito, ma non salato, cosa che invece potrebbe accadere quando si vuole realizzare un piatto che si conservi più a lungo.

Le porzioni vengono servite in piccole pentole come questa, molto d’effetto, dando l’impressione di mangiarlo appena cucinato (cosa di cui dubito) e renderlo quindi più piacevole.

羊肉汆面 – yángròu cuānmiàn – letteralmente “pasta sbollentata (rapidamente) con carne di pecora”. La particolarità di questo piatto è tutta in un temine: 汆 – cuān – che indica un processo in cui una pietanza viene velocemente sbollentata/sbianchita in acqua bollente. In realtà, in questo caso, la pasta viene rapidamente bollita insieme alla carne (che è già stata marinata e insaporita a dovere prima) e agli altri ingredienti, prima di essere servita. È una preparazione tipica di Pechino, che crea un piatto dal sapore deciso partendo da pochi ingredienti utilizzati, sapientemente preparati e insaporiti prima della veloce bollitura. Normalmente si dice che la differenza principale tra 汆 – cuān -, 熬 – áo – bollire per lungo tempo e 炖 – dùn – stufare, è nella velocità di bollitura e di estrazione delle pietanze dalla zuppa/liquido in cui le si bolle. Il fatto che gli ingredienti, soprattutto la carne, vengano aromatizzati e marinati in anticipo, permette loro di sprigionare tutto il loro aroma nell’acqua nonostante la breve permanenza in essa, donando alla pietanza una zuppa saporita e corposa.

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