(Ancora) un altro 贵州 Guìzhōu

Con una superficie provinciale di circa 176 mila kmq (equivalente a un po’ più della metà dell’intera superficie dell’Italia) e oltre 10 diversi gruppi etnici che ne costituiscono la popolazione, non c’è da meravigliarsi se la 黔菜 – qiáncài -, classico nome spesso utilizzato per descrivere la 贵州菜 – Guìzhōucài – cucina del 贵州Guìzhōu – sia una delle più “diversificate” del paese. Ok, si, per me è anche una delle più buone, ma non tergiversiamo…Se è vero che spesso in riferimento alla cucina della provincia ci si imbatte nel detto 三天不吃酸走路蹿蹿 – sāntiān bù chī suān, zǒulù cuāncuān – (grosso modo “se per tre giorni non mangi qualcosa di aspro, le gambe sulla strada non ti reggono”), non bisogna dimenticare un’altra delle caratteristiche che rendono celebre la qiáncài e che è esemplificata da un altro detto: 四川人不怕辣,湖南人辣不怕,但贵州人怕不辣 – Sìchuānrén bupàlà, Húnánrén làbupà, dàn Guìzhōurén pà bu là – “i Sichuanesi non hanno paura del piccante, gli Hunanesi il piccante non lo temono, ma quelli del Guizhou hanno paura che non sia piccante”.

Come avevo avuto modo di ricordare, mentre il 四川Sìchuān – è famoso per il 麻辣 -málà – della sua cucina, che unisce la pungente piccantezza 辣椒 – làjiāo – peperoncino con quella che 发麻 – fāmá – “intorpidisce” del suo 花椒 – huājiāo – “pepe fiorito“, e lo 湖南Húnán – è conosciuto per il sapore 干辣 – gànlà – piccante secco dei suoi piccantissimi peperoncini secchi, il Guìzhōu gioca tra i due sapori più amati in questa terra, la cucina 酸辣 – suānlà – agropiccante che sembra inseparabile dal suo nome e dai suoi cuochi. Ma…se ovviamente la piccantezza deriva dal peperoncino, da dove deriva l’asprezza così imprescindibile? 醋 – cù – Aceto? Anche, ma la gran parte è figlia della… 发酵 – fājiào – fermentazione pura e semplice (a proposito dell’uso della fermentazione nella cucina cinese, raccomando sempre la visione di questa serie di video) che produce asprezze e acidità diverse e complesse, cosi dissimili da quelle che, con i nostri sottaceti, siamo abituati a gustare.

Pur non essendo, strettamente parlando, un piatto rappresentativo del Guìzhōu, 臭鳜鱼 – chòuguìyú – (letteralmente “pesce mandarino puzzolente”, che alle volte per scherzare chiamo “pesce mandarino puzzone”) è un rappresentante di prim’ordine delle fermentazioni alimentari, e di come a “cattivi” odori possono corrispondere sapori meravigliosi e particolari. Secondo una delle leggende che lo riguardano, il pesce veniva pescato già oltre 2 secoli fa nel 长江 – Chángjiāng – Fiume Azzurro (anche noto con il nome “Yangtze”) anche da pescatori provenienti dall’area denominata 徽州Huīzhōu -, in quella che è oggi la provincia dello 安徽Ānhuī – a circa 180 km dal fiume. Si trattava di una distanza di tutto rispetto all’epoca e per trasportare il loro pescato, servivano diversi giorni, cosi, cercando assolutamente di fare in modo che cio da cui dipendeva la loro sussistenza non andasse a male sulla strada, cominciarono a metterlo dentro a barili, cosparso di sale e pressato da alcuni pesi; all’arrivo, l’aspetto del pesce era ancora accettabile, le branchie mantenevano il loro colore rosso/rosato, ma la pelle emanava un odore penetrante, che a molti proprio non piaceva. Odore a parte però, sembra che una volta velocemente fritto, il sapore fosse niente male. Ed ecco nato il chòuguìyú.

Vi sono diverse ricette in cui è possibile utilizzare questo prodotto; una delle più classiche prevede che dopo la fine del periodo di salagione, il pesce venga risciacquato bene e messo al sole ad asciugare. Dopo di che lo si 煎 – jiān – soffrigge velocemente in pentola con pochissimo olio finché non sia leggermente abbrustolito sull’esterno. Una volta soffritto, lo si asciuga bene dall’olio in eccesso; nel frattempo nella pentola si aggiunge altro olio e dei 咸肉丁 – xiánròudīng – dadini di carne salata. Una volta soffritti a dovere, si inseriscono anche dei 香菇丁 – xiānggūdīng – funghi shiitake tagliati a dadini e li si lascia insaporire insieme alla carne. Poco prima di aggiungere in pentola anche il pesce, si aggiunge un po’ (la quantità può essere a gusto personale dato che non tutti amano il piccante) di 豆瓣酱 – dòubànjiàng – (nota anche come 川菜之魂 – chuāncài zhī hún – l’anima della cucina del Sìchuān)e di 姜 – jiāng – zenzero. Una volta che anche il pesce, ormai asciutto, viene messo in pentola, si aggiungono 生抽 – shēngchōu  – salsa di soia giovane, 老抽 – lǎochōu – salsa di soia stagionata,蚝油 – háoyóu – salsa di ostrica,醋 – cù – aceto, 糖 – táng – zucchero (che spesso nella cucina cinese non è quello classico ma 冰糖 – bīngtáng – grandi cristalli di zucchero). Una volta lasciato stufare nella salsa per circa 15 minuti a fuoco medio, lo si può tirare fuori, avendo cura di far successivamente restringere la salsa, che servirà poi in fase di servizio.

Quando il pesce viene servito, si aggiungono solitamente sopra 蒜瓣 – suànbàn – spicchi di aglio, 葱花 – cōnghuā – la parte verde del porro affettata e la salsa di cottura ormai ristretta sopra. La fermentazione che avveniva nei pesci lungo il tragitto faceva si che la polpa diventasse più soda ed elastica, e si arricchisse di sapori e aromi deliziosi e intensi. Si dice che, circa 300 anni fa, addirittura 乾隆 – Qiánlóng – (1735 – 1796), uno dei più famosi e prestigiosi imperatori della 大清 – Dàqīng – Dinastia Qīng (1644 – 1912), l’ultima dinastia della Cina imperiale, andasse pazzo per questo piatto che, anche per questo motivo, veniva anche scherzosamente chiamato “la via dell’Ānhuī per il Palazzo”, forse richiamandosi a ciò che viene detto 徽班进京 – Huībān jìn Jīng – ossia “l’ingresso nella capitale delle [scuole] operistiche della 徽剧 – Huījù -“, l’antica opera dello Ānhuī che per molti versi è alla base della nascita di quella che è poi diventata 京剧 – Jīngjù – l’Opera di Pechino, celebre e rinomata ora in tutto il paese e oltre, proprio negli anni del regno di Qiánlóng.

遵义特色土豆泥 – Zūnyì tèsè tǔdòuní – letteralmente “purè tipico (della città) di Zūnyì“. Normalmente chiamato, sembra, 脆哨土豆泥 – cuìshào tǔdòuní – traducibile grossomodo come “purè di patate con i ciccioli” o anche 脆臊土豆泥 – cuìsāo tǔdòuní – tipo “purè con carne croccante”. I 脆哨 – cuìshào – (che come abbiamo visto possono anche venire chiamati 脆臊 – cuìsāo -, con il carattere 臊 – sāo -, che indica di solito una dadolata di carne saltata, al posto di 哨 – shào -) nel Guìzhōu, e più precisamente nel capoluogo 贵阳Guìyáng -, sono una specie di ciccioli, ricavati dalla cottura prolungata di tagli grassi di carne di maiale (五花肉 – wǔhuāròu – pancia del maiale,ma anche 槽头肉 – cáotóuròu – tagli della testa o 猪颈肉 – zhūjǐngròu – tagli del collo o della parte inferiore della testa del maiale). Con una lavorazione molto simile a quella usata in Italia per ottenere i “ciccioli” di maiale, cuocendoli a lungo a fuoco basso fino a far separare 猪油 – zhūyóu – lo strutto dal tessuto connettivo dell’adipe; sono quindi una sorta di “gabbia” proteica del grasso. Lo strutto separato durante la produzione può essere poi conservato e utilizzato in cucina al posto dell’olio in diverse preparazioni, il prodotto rimanente (ciccioli in Italia, e cuìshào in Guìzhōu) può essere insaporito in vari modi e consumato come stuzzichino o (come in questo caso o nel caso della “polenta con i ciccioli”) come ingrediente di altre ricette. Nel Guìzhōu durante la loro preparazione si utilizzano come insaporitori anche 甜酒汁 – tianjiǔzhī – un particolare tipo dolce di vino di riso, 醋 – cù – aceto di cereali, 盐 – yán – sale da cucina, 酱油 – jiàngyóu – salsa di soia.

Come ulteriore aroma si usa spesso nella preparazione di questo piatto 葱花 – cōnghuā – la parte verde del porro come guarnizione e aroma e, nel caso si ami il piccante, anche 红辣椒 – hónglàjiāo – peperoncino rosso secco.

遵义羊肉粉 – Zūnyì yángròufěn – spaghettoni di riso con carne di montone al modo di Zūnyì (di qui avevo parlato anche in precedenza qui). Di base sono 米粉 – mǐfěn – in 羊汤 – yángtāng – zuppa di pecora, accompagnati anche da fette di 羊肉 – yángròu – carne di pecora (come da nome del piatto, ovviamente). Li avevo presi perché, dato che sul menù era scritto “al modo di Zūnyì”, speravo che i mǐfěn utilizzati fossero del tipo ruvido noto come 干米粉 – gān mǐfěn – che tanto mi avevano sorpreso e deliziato in un altro ristorante di questo tipo. Purtroppo però la pasta utilizzata era quella classica e molto liscia che ci si aspetta sempre quando si ordina un normale piatto di mǐfěn.

Insieme alla ciotola viene anche servito un piattino con 豇豆角 – jiāngdòujiǎo – piccoli tranci di pisellini in baccello fermentati molto amati in diverse cucine cinesi, 豆芽 – dòuyán – germogli di soia e 炸黄豆 – zhá huángdòu – croccanti fagioli di soia fritti, tutti da mettere a proprio gusto all’interno della zuppa per aggiungere una nota di croccantezza, freschezza o, essendo in Guìzhōu, di tanto ricercata asprezza.

Nonostante la delusione per la mancanza degli spaghetti ruvidi che tanto avevo amato la volta scorsa nello stesso piatto in un altro ristorante, devo dire che gli altri ingredienti sono ottimi, la carne di pecora è molto fresca e saporita, e la zuppa è dissetante e non grassa. Il tocco aggiunto da jiāngdòujiǎo, dòuyán e zhá huángdòu, assenti la volta scorsa, arricchisce l’esperienza, se non dal punto di vista del sapore, da quello della consistenza e del gioco di croccantezze.

不老溪贵州菜 (广安门总店) 广安门外大街达官营广华轩1号楼

Bùlǎoxī Guìzhōucài (Sede centrale di Guǎnɡānmén ) Guǎnɡānmén Wài Dàjiē Dáguānyíng Palazzo Guǎnɡhuáxuān n.1

Tra i vicoli di Pechino…

Alle volte è incredibile come una semplice insegna possa segnare il destino di un ristorante. Sarò passato in questo vicolo 10 volte, e avrò visto questa (anonimissima) insegna tutte le volte, ma mai mi sarei immaginato che dietro di essa si celasse uno splendido esempio della più pura e deliziosa 老北京菜 – lǎo Běijīnɡcài – cucina della Vecchia Pechino.

Un tipico ristorante della “Vecchia Pechino” non è solo un’esperienza culinaria, ma un calarsi nelle viscere della cultura popolana della città. Chiassosa, smodata, esagerata in molti modi, ma quasi sempre allegra, accogliente, generosa e curiosa allo stesso tempo, la Pechino popolare è spesso scanzonata, quella dei vicoli e delle “bettole” popolane e popolari è una continua scoperta e un’eterna avventura, che può cominciare, ad esempio, dal conto delle bottiglie di 啤酒 – píjiǔ – birra (o, peggio, di 二锅头 – èrguōtóu -, la versione pechinese, doppiamente distillata, dell’immancabile ed eterno 白酒 – báijiǔ – tipico liquore trasparente di cereali dell’area pechinese, quella che molti di noi chiamano “grappa cinese”, estremamente alcolica): 6 bottiglie per 4 avventori è un conto normale, che può essere rivisto solo al rialzo.

È in posti come questo che termini 北京土话 – Běijīnɡ tǔhuà – dialettali pechinesi come 爷们儿 – yémenr – fratello/amico fraterno (o “uomo/tipo” in generale), o il più altisonante 老爷们儿 – lǎo yémenr – (quando non 老铁 – lǎotiě -) o espressioni come 没门儿 – méiménr  – “non ci sperare/non c’è niente da fare” e lo spirito del 男子汉  – nánzǐhàn – termine che si riferisce al “maschile/[degno di un] maschio” o alla mascolinità generale di un uomo, risuonano spesso attraverso voci impastate dall’alcol ma sempre alte, da veri 老北京人 – lǎo Běijīnɡrén – vecchi (e compassati) pechinesi.

L’arredamento è solitamente molto scarno e semplice, simile in quasi tutti i ristoranti di questo tipo, con tavoli da 4 o (più raramente) 6 posti, 1 o 2 frigorigeri per tenere le bevande (spesse volte spenti in inverno, dato il gelo che c’è fuori). Un elemento estremamente classico è la mensola solitamente appesa sopra all’angolo in cui si trova la cassa per 买单 – mǎidān – (letteralmente “comprare la lista”) pagare il conto (ormai quasi decorativa, dato che sempre più spesso il conto viene regolato online via cellulare, attraverso le tante app collegate), usata per l'”alto compito” di tenere le bottiglie di vetro, molto simili tra loro, delle bevande alcoliche, che in “ambiente” lǎo Běijīnɡ si riduce spesso a soltanto 2 tipologie (di cui la seconda dominante): birra e èrguōtóu….

All’interno del locale l’atmosfera è naturalmente rilassata e priva di eccessivi “fronzoli”, popolana e popolare, per dirla tutta. Le discussioni, “lubrificate” dal cibo e, specialmente, dall’alcol, si svolgono con fluidità “appena leggermente” (ironic mode on) rumorosa. Ma i pechinesi, specie a tavola e in compagnia, sono caciaroni, allegri e scanzonati, e questo è l’unico modo che conoscono per rilassarsi e godersi un buon pasto.

I piatti forti di questo ristorante sono altri, ma perché privarsi di una porzione di 酱肘花 – jiàng zhǒuhuā – (letteralmente “fiore di stinco di maiale” in salsa, in realta una sorta di “insaccato” di polpa di stinco di maiale brasato) quando si ha la possibilità di gustarlo? Realizzato con la polpa disossata di uno stinco di maiale completo della sua cotenna, la sua lavorazione, se fatta con tutti i crismi, può richiedere da 2 giorni in estate, fino a 6-7 giorni in inverno (per via della temperatura e del tempo necessario ad assorbire i sapori e gli aromi con cui viene insaporita la carne). Ma come viene realmente realizzato un zhǒuhuā? 主料 – zhǔliào – o l’ingrediente principale è 猪肘 – zhūzhǒu – uno stinco di maiale, 配料 – pèiliào – o “ingredienti misti “di accompagnamento” includono 花椒 – huājiāo – il “pepe fiorito” del 四川Sìchuān -,葱 – cōng – porro, 姜 – jiāng – zenzero,八角 – bajiǎo – anice stellato,五香粉 – wǔxiāngfěn – 5 spezie in polvere,砂仁粉 – shārénfěn – polvere realizzata con i frutti di una pianta della famiglia dello zenzero nota come Amomum villosum, largamente usata nella 中草药 – zhōngcǎoyào – la medicina erboristica cinese anche nota come TCM, mentre 作料 – zuòliào – condimenti e aromi comprendono 料酒 – liàojiǔ – il vino da cucina cinese,白糖 – báitáng – zucchero,精盐 – jīngyán – sale e 生硝 – shēngxiāo – nitrato di sodio. Lo stinco viene prima ben lavato e massaggiato con sale, pepe fiorito e nitrato in precedenza velocemente tostati in padella cosi da ottenere una particolare mescola aromatica. Dopo di ciò esso viene lasciato riposare per un numero di giorni variabili in base alla stagione (meno in periodi caldi e più lungo in periodi freddi, a causa della differenza di velocità nella loro penetrazione), con un ulteriore massaggio di circa 10 minuti ogni giorno. Trascorso tale tempo, lo stinco viene lavato con acqua fredda, per togliere l’eccesso di spezie e sale dall’esterno e immerso in acqua calda a 80 gradi, per 氽 – tǔn – sobbollirlo velocemente.

Subito dopo la carne viene tagliata via dall’osso (facendo attenzione a non rompere troppo la pelle), disposta a strati all’interno della cotenna, insaporita con wǔxiāngfěn e shārénfěn, arrotolata e legata strettamente in una specie di salsicciotto. I “salsicciotti” cosi ottenuti vengono stufati per un paio di ore in acqua aromatizzata con porro, zenzero, anice stellato e vino da cucina. Al termine della stufatura lo si estrae, e dopo averlo fatto intiepidire lo si libera dalle legature e lo si può affettare.

莴笋丝 – wōsǔn sī – rinfrescante e leggera insalata realizzata condendo una julienne di un particolare tipo di lattuga (chiamato wōsǔn in cinese) molto usata in oriente, di cui viene per lo più utilizzato il gambo, spesso e dal sapore molto delicato. Piatto estremamente rinfrescante e croccante, molto usato in tutte le stagioni, ma ordinato specialmente in estate.

Come detto in precedenza, i piatti forti di questo piccolo ristorante sono quelli elencati nel suo normalissimo, quasi senza pretese, nome: 老北京馅饼粥 – lǎo Běijīnɡ xiànbǐnɡ zhōu -, cioè “focaccine ripiene e porridge della Vecchia Pechino”. Quelle in foto sono, appunto, le “focaccine ripiene”, specialità del locale; ce ne sono di diverso tipo (牛肉馅饼 – niúròu xiànbǐnɡ – con carne di manzo, 鸡蛋韭菜馅饼 – jīdàn jiǔcài xiànbǐnɡ – con uovo ed erba cipollina,猪肉茴香馅饼 – zhūroù huíxiāng xiànbǐnɡ – con maiale e finocchiella, 羊肉馅饼 – yángroù xiànbǐnɡ – con carne di pecora, 白菜猪肉馅饼 – báicài zhūroù xiànbǐnɡ – con cavolo cinese e maiale, 猪肉大葱馅饼 – zhūroù dàcōng xiànbǐnɡ – con maiale e porro, 鸡蛋茴香馅饼 – jīdàn huíxiāng xiànbǐnɡ – con uovo e finocchiella, 虾皮小白菜馅饼 – xiāpí xiǎobáicài xiànbǐnɡ -con gusci di gamberetti essiccati e bok-choy,猪肉南瓜馅饼 – zhūroù nánguā xiànbǐnɡ- con maiale e zucca,藿香馅饼 – huòxiāng xiànbǐnɡ – con menta coreana,韭菜鸡蛋馅饼 – jiǔcài jīdàn xiànbǐnɡ – con uovo e erba cipollina,猪肉韭菜馅饼 – zhūroù jiǔcài xiànbǐnɡ – con maiale ed erba cipollina, tutte probabilmente molto buone. Dico probabilmente perché non le abbiamo assaggiate tutte ovviamente, ma ne abbiamo ordinate solamente due tipi.

Dite quello che volete, ma la carne di pecora ha una marcia in più. Si, lo so, c’è chi la detesta per via di quel suo “aroma” 膻 – shān – selvatico, appunto di pecora; ma è proprio questa la sua marcia in più, il sapore forte di selvatico, che la mette, secondo me, un bel pò avanti alle pur ottime carni di manzo e di maiale. Non è che io la mangi “nonostante” ciò, la mangio PROPRIO per ciò. Una bella yángroù xiànbǐnɡ è stata quindi una scelta obbligata, almeno per me, per poter assaporare tutta la forza della carne ovina unita alla croccante sapidità della pasta che l’avvolge. E debbo dire che la focaccia non delude: il ripieno è molto corposo e abbondante, e l’esterno è “fritto” quanto basta ma, come amano dire i cinese, 肥而不腻 – féiérbùní – non eccessivamente untuoso né pesante.

Quando ero in Italia non ho mai mangiato molto la finocchiella, e anche i finocchi, pur mangiandoli, non mi hanno mai fatto impazzire. Qui in Cina 茴香 – huíxiāng – la finocchiella è usatissima in cucina, specialmente come ingrediente per ripieni vari, ma non solo. Ho scoperto qui che 茴香鸡蛋馅饼 – huíxiāng jīdàn xiànbǐnɡ – le focaccine ripiene con uovo e finocchiella, sono deliziose (oltre a costare pochissimo); ricordo viaggi in autobus in direzione della zona di 左家庄zuǒjiāzhuāng – qui a Pechino, per fare il pieno di ottime 炸鸡排 – zhájīpái – petti di pollo fritti e di gustose huíxiāng jīdàn xiànbǐnɡ in un negozietto della zona che ne faceva di ottime e a poco prezzo. Qui queste focacce sono stracolme di ripieno, tanto da essere difficili da mangiare intere in modo, diciamo, pulito e ordinato.

老北京馅饼粥 大称钩胡同甲9号

lǎo Běijīnɡ xiànbǐnɡ zhōu Dàchēnggōu Hútong n. 9